Pesca al Polpo da terra


Il Polpo (Octopus vulgaris) è un mollusco appartenente alla classe dei Cefalopodi con il corpo che forma un sacco rotondeggiante, alla base del quale sporge il capo, al cui centro si apre la bocca. Dalla testa si allargano 8 tentacoli, ricoperti di una doppia fila di ventose discoidali, che servono all’animale per fare presa sul fondo e per muoversi su di esso. I tentacoli, insieme all’incredibile mimetismo, sono le armi di difesa del Polpo, che oltre all’uomo, deve anche difendersi da diversi altri predoni marini, Bernie, Murene e Gronghi in testa.
Il OPolpo vive da pochi centimetri d’acqua fino a qualche decina di metri di profondità ed è una preda molto ambita per la prelibatezza delle sue carni e per la facilità con cui è possibile incontrarlo. Per i pescatori subacquei è una preda “di ripiego”, risultato di una visita in tana che non offriva niente di meglio ma, spesso, molti sub dedicano ad esso battute apposite non tanto per questioni sportive ma esclusivamente culinarie.
Il suo regno sono le scogliere sommerse, specialmente dove la roccia si mescola alle alghe e alla sabbia, ma non disdegna nemmeno le distese fangole, le dighe frangiflutti, l’interno dei porti, senza comunque addentrarsi più di tanto.
In questo articolo affronteremo invece le tecniche per la cattura del Polpo da terra, sicuramente una delle tecniche più antiche e tradizionali della pesca.

E’ possibile praticare la pesca al Polpo dalle coste rocciose basse e dalle dighe frangiflutti, poste a protezione dei porti. La lenza a mano sarà sostituita da un attrezzo diverso, formato da una canna che potrà essere una vecchia bolognese senza cimino, un pezzo di bambù oppure una canna da punta senza le ultime due sezioni che avrà il compito di poter pescare distante qualche metro dagli scogli. Qualunque sia l’attrezzo scelto, dovrà essere munito almeno di un anello in punta, in cui faremo passare il nostro cordino, lungo questa volta una quindicina di metri, che terremo avvolto con la mano che tiene la canna. Il terminale è lo stesso impiegato per la pesca dalla barca, così come le esche, dando una preferenza maggiore al granchio, che il polpo va a ricercare proprio in prossimità della costa. L’azione di pesca consiste nel lanciare le esche a qualche metro di distanza e recuperare poco alla volta, cercando di percepire la trattenuta del Polpo che attacca l’esca.
E fondamentale cercare di non far incagliare il piombo agli scogli del fondale, per non pregiudicare la cattura. A questo punto ci vuole più attenzione che con la barca; il Polpo cerca di trascinare l’esca nella tana per poterla gustare con calma mentre noi cercheremo di trascinarlo verso riva. Questo tira e molla deve essere accorto, cercando di tirare piano fino a portare il Polpo in acqua libera, vicino a noi. Un colpo di guadino metterà fine alla lotta a vantaggio del pescatore. Va detto che mentre dalla barca la maggior parte delle volte sarà il pescatore ad avere la meglio, da terra le cose di solito vanno a vantaggio del Polpo. Per aumentare tali possibilità, possiamo munire il terminale di una corona di ami, chiamata appunto “polpara” in modo che quando il polpo si attacca all’esca ne rimane allamato e quindi non può più scappare. Le ore della giornata più adatte a questa tecnica sono le ore del primo mattino o del tramonto, quando i Polpi sono più attivi. Per quanto riguarda le stagioni, il Polpo si cattura durante tutto l’arco dell’anno, con una maggior frequenza di grossi esemplari nei mesi autunnali ed invernali.