Pesca all’aspetto


Caratteristiche

La pesca all’aspetto, una volta riservata a pesci ben definiti e particolarmente difficili, come per esempio il Dentice, è ora adottata universalmente per quasi tutte le specie di pinnuti che frequentano le nostre coste. L’agguato risulta essere più fruttuoso anche se è difficile da mettere in pratica e se richiede una padronanza di riflessi addirittura fuori dal comune.
Nella pesca all’aspetto la pazienza e la perseveranza fanno la parte del leone: si aspetta e ci si affida al caso. Tutto questo in apparenza, perché in realtà anche questo tipo di pesca è frutto di grande esperienza e di conoscenza delle abitudini e delle reazioni delle varie specie di pesci che si tentano di cacciare. I dilaganti insediamenti urbani lungo le nostre coste e di conseguenza l’inevitabile inquinamento marino hanno reso l’acqua più torbida ed i pesci più diffidenti. A parte alcuni pesci, come la Cernia, che preferisce sempre la sicurezza delle pareti di roccia, tutti gli altri pesci hanno dimostrato di non aver rinunciato ad una loro caratteristica di base, alla curiosità. Per quanto riguarda la pesca all’aspetto, l’uomo ha sfruttato la sua conoscenza e le sue risorse, le sue armi e si è adattato all’acqua torbida, facendola addirittura una sua alleata, ci si camuffa da essere inoffensivo, si mimetizza con i fondali, finge curiosità che non ha, cerca di rendersi invisibile, si avvolge dell’opacità di cui è immerso, frena i suoi istinti, fa sfoggio delle tecniche più raffinate, dimostrando di essere arrivato a possedere una notevole conoscenza del mondo sottomarino e, soprattutto una conoscenza dei suoi abitanti.

Attrezzatura
L’attrezzatura da utilizzare è di fondamentale importanza. La maschera deve avere un minimo volume interno per eliminare qualsiasi spreco d’aria che possa contribuire alla diminuzione dell’apnea, ma deve avere, nel contempo, un ampio campo visivo laterale, che permetta di abbracciare il più grande orizzonte possibile senza muovere la testa. Il respiratore di superficie deve avere un diametro abbastanza grande e non deve avere tubi corrugati di gomma, in modo da permettere all’aria di uscire rapidamente subito dopo la capriola, in modo da non prolungare in maniera eccessiva lo scarico di bollicine che potrebbero spaventare le prede eventualmente in zona. Le pinne devono essere potenti, ma elastiche, in grado di permettere rapidi scatti con il minimo dispendio di energie. La cintura della zavorra deve essere facilmente regolabile anche stando in acqua e comunque dotata di uno sganciamento rapido di emergenza. Il coltello deve essere leggero e sottile per non dare fastidio e per poter uccidere le prede subito dopo la cattura, in modo che non sbattano nei sussulti dell’agonia. Il fucile deve essere lungo, potente e preciso. Sono consigliabili i modelli pneumatici con impugnatura a pistola, oppure quelli ad elastici. In questo tipo di pesca la mira è essenziale, sia perché di solito si spara a notevoli distanze, cioè dai due ai quattro metri, sia perché il bersaglio non è mai di grandi proporzioni ed è comunque sempre in movimento. Il tiro istintivo ed approssimativo della pesca in tana qui non va bene, perché lascia troppi margini di errore. Per tutta la giornata, un pesce che viene mancato, eviterà accuratamente qualsiasi altro incontro molesto.
I fucili con il calcio a pistola hanno il vantaggio di essere adatti a un tiro di precisione, perché la mira può essere presa con lo stesso sistema di un fucile e cioè lungo la traiettoria occhio, mirino, centro. Il fucile lungo, inoltre, fornisce altri vantaggi: minor rinculo al momento dello sparo e maggior precisione; più stabilità d’assetto, minore distanza dalla punta dell’arpione alla preda. Naturalmente, affinché tutti questi vantaggi siano giustamente apprezzati dal cacciatore è necessario che l’arma sia perfettamente equilibrata. Il fucile lungo, infine, ha ovviamente una freccia lunga e questo contribuisce molto alla precisione del tiro. La potenza dell’arma deve essere sempre piuttosto alta, indipendentemente dalla mole dei pesci che si vogliono cacciare. La sagola che collega la freccia al fucile deve essere robusta, ma sottile per non fare troppo attrito. Inoltre è consigliabile che la sagola sia avvolta sul tamburo di un mulinello assicurato saldamente sotto la canna del fucile per mezzo di un paio di morsetti, oppure integrato con il fusto del fucile stesso. Il mulinello deve essere robusto e deve scorrere senza attriti, in maniera tale da non rallentare minimamente né deviare la freccia. Una ventina di metri di sagola dovrebbero bastare in quanto una sagola lunga si ingarbuglia facilmente. Nella pesca all’aspetto è molto importante la cura dei particolari e non bisogna trascurare nemmeno il colore delle attrezzature; il sub deve apparire come parte del fondo, deve amalgamarsi agli scogli e alle alghe. Colori sgargianti non vanno bene, meglio colori opachi e scuri. Il nero delle mute è adattissimo, evitate di indossare mute di colore bianco o giallo. Eliminate, soprattutto, le canne lucide dei fucili, i cerchietti di metallo delle maschere, i foderi dei coltelli che lasciano scoperta la lama. Le prede più grosse e più furbe, come il Dentice, non si lascerebbero ingannare e se ne starebbero alla larga. Adoperate fucili neri e preferite ghiere di plastica a quelle di metallo lucido. Il pallone vi sarebbe di impiccio, meglio ancorarlo al limite della distanza consentita dalla legge e per la vostra sicurezza ricordatevi il giubbetto salvagente che si gonfia automaticamente allo scadere del tempo da voi desiderato. La regolazione si può fare di volta in volta per mezzo di un piccolo timer. Questo attrezzo è stato studiato e messo a punto per la pesca all’aspetto, perché sovente il pescatore è portato a riemergere al limite massimo dell’apnea e di conseguenza in condizioni di pericolo. Se il sub ha una barca di appoggio, questa deve starsene lontano e il rematore deve evitare inutili sciaquii. A bordo, inoltre, silenzio assoluto: i suoni delle voci in acqua si propagano con gran rapidità. L’esplorazione dall’alto ha di solito lo scopo di individuare il punto più adatto per tendere l’agguato e per stabilire, approssimativamente, quali possono essere le prede più probabili. Se l’acqua è limpida, i pesci saranno visibili pure da lontano ed allora conviene pescare a vista e organizzare il tranello in funzione del pesce che si vuole pescare.

Azione di pesca
La tattica pressappoco è la seguente: il cacciatore nuota silenzioso in superficie ed esplora il fondo dall’alto. A un certo punto scorge al limite della scogliera un branco di Dentici, o un gruppo di grossi Saraghi, o una coppia di Orate.
Sappiamo per esperienza che l’attacco diretto non riuscirebbe, il sub finge indifferenza alla presenza dei pinnuti e cerca il punto dove appostarsi. In genere è meglio allontanarsi dai pesci presi di mira di almeno una decina di metri, in maniera da non destare sospetti. Trovato un posto, che può essere un canalone, la cresta di uno scoglio, un ciuffo di alghe verdi, un sasso di notevoli proporzioni, il cacciatore si immerge. La profondità non sarà impegnativa in quanto la pesca all’aspetto si basa su lunghe apnee e sulla possibilità di stare il più possibile fermi sul fondo. Un’immersione a quote limite non ci permetterebbe di attendere la preda per il tempo necessario, costringendoci a risalire. Si consiglia di praticare la tecnica all’aspetto a cinque metri di profondità per poi scendere sempre più giù man mano che l’allenamento e la tecnica si perfezionano. Saranno tante le volte che vi capiterà di dover risalire per respirare proprio nel momento in cui il pesce si era deciso a venirvi incontro.
Dopo la capriola, il sub si allontana dalla superficie con un paio di falcate, quindi rimane fermo e si lascia trascinare sul fondo dal peso della zavorra, raggiungendo il posto prescelto per l’agguato. A questo punto è indispensabile cercare di integrarsi con il fondale circostante, rimanendo in perfetto silenzio ed immobilità. La preda si chiede che cosa sarà mai quella “cosa” arrivata da lassù… Penserà che forse è il caso di dargli un’occhiata più da vicino, ma con prudenza però! La preda o le prede si inizieranno ad interessare al pescatore e si avvicineranno guardinghe. Saltare fuori dal vostro nascondiglio, imbracciando il fucile “tipo Rambo”, avrebbe come unico risultato la smaterializzazione dei pesci che diventerebbero un piacevole ricordo in pochi attimi. Bisogna aspettare ancora qualche secondo, per farli avvicinare rimanendo comunque immobili. Quando saranno a tiro, spostiamo millimetricamente la punta dell’arpione verso la preda più vicina (e non la più grossa!) e quando siamo pronti, spariamo… se non è venerdì 13 e se il nostro bioritmo è in fase positiva potremo anche fare centro, nel qual caso, con una pinnata potente, metteremo le mani sulla preda tanto ambita. Se invece mancate la preda non imprecate e non agitatevi come degli ossessi… i pesci saranno scattati in ordine sparso allo scoccare della freccia ma si saranno già radunati poco distante. Recuperate l’arpione e risalite in superficie seguendo una direzione opposta a quella dei pesci. Seguite dall’alto l’evolversi della situazione. Se i pesci rimangono nei paraggi, potrete tentare un altro agguato più in là, in cerca di maggior fortuna. Se, al contrario i pesci hanno capito le vostre intenzioni, conviene cambiare zona e non insistere.
Alcune prede, come il Muggine e la Spigola, possono essere stimolate maggiormente delle altre nella curiosità, muovendo leggermente le pinne, facendo finta di grufolare sul fondo o altre azioni poco aggressive. In determinati tipi di fondale, è possibile sperimentare diversi tipi di appostamento: le franate, ad esempio, permettono di mettere in atto tecniche di aspetto meno statiche, passando da un ricovero ad un altro, seguendo una direzione parallela a quella delle prede. Spesso i pesci, rassicurati dal vostro disinteresse per loro, vi si affiancheranno, dandovi la possibilità di scoccare una freccia; altro ambiente interessante sono le dighe frangiflutti dove è possibile pescare all’aspetto anche senza immergersi, ma rimanendo immobili al riparo di qualche grosso cubo di cemento e aspettando che qualche grosso Muggine o una bella Salpona passino a tiro. La Spigola, in questo ambiente è molto frequente e vederla materializzarsi davanti al vostro arpione non è un evento straordinario. Starà alla vostra prontezza di riflessi e alla vostra mira sparare in tempo utile e colpirla. Le fasi di recupero, sono difficilmente un problema, se la preda rimane presa dall’arpione; non è raro che la preda venga solo ferita e non trattenuta, in questo caso può essere estremamente pericoloso buttarsi all’inseguimento, prolungando oltre l’apnea già alla linea rossa. Ricordate che nessuna preda può valere una vita umana, soprattutto la vostra!